02/12/2012 – C’È CLOROFILLA E VITA VEGETALE SU MARTE?

Le ricerche del prof. Sergey M. Pershin dell’Accademia Russa delle Scienze suggeriscono la presenza di vita vegetale sul Pianeta Rosso ed una probabile palude stagionale nella regione di Arcadia Planitia nota almeno dal 2002.

Com’è possibile che praticamente NESSUNO, in questi dieci anni, abbia mostrato pubblicamente di esserne al corrente?

di Fabio Siciliano

ALBERI SU MARTE?

ALBERI SU MARTE?

ALBERI SU MARTE? Questa immagine estremamente suggestiva, pubblicata il 25/11/2012 dal sito “Astronomy Picture of the Day” (APOD) gestito dalla NASA, mostrerebbe l’effetto del violento degassamento del ghiaccio secco (composto da anidride carbonica) che ricopre le regioni polari marziane in inverno, illuminato dal primo Sole primaverile. Qui siamo nei pressi del Polo Nord di Marte. Quando il Sole illumina il ghiaccio secco, riscaldandolo, questo sublima in maniera esplosiva, scagliando in aria polvere e sabbia più scura contenuta all’interno delle dune, che ricadendo si depositano sul terreno circostante più chiaro, ancora ricoperto da un sottile strato di ghiaccio, creando, per contrasto, lunghe striature brune. Queste, per effetto prospettico, darebbero l’illusione di filari di alberi. Questa, quanto meno, la spiegazione ufficiale della NASA (http://apod.nasa.gov/apod/ap121125.html), che inoltre fa notare che non potrebbe comunque trattarsi d’alberi, dal momento che non proiettano ombre. Sia come sia, come si potrà leggere più avanti [nota (1)], questa fotografia ha prodotto la sequenza di eventi che mi ha portato ad imbattermi nelle ricerche del prof. Pershin, esposte in questa relazione.

Questa relazione prende avvio da un documento [allegato (1)] fattomi pervenire qualche giorno fa (il 18/11/2012) dall’amico Stefano Venturelli, che vi si era imbattuto quasi casualmente [nota (1)] e che da lungo tempo è impegnato in una metodica ed attenta analisi delle immagini inviate a terra dalle varie missioni esplorative su Marte condotte negli ultimi 36 anni dalla NASA e dall’ESA con l’ausilio di sonde spaziali, sia orbitali sia che abbiano toccato e percorso il suolo del Pianeta Rosso (lander e rover).

Ormai da diversi mesi, fra il Sottoscritto, Stefano Venturelli ed un altro amico, Alberto Ruvolo, che ci aveva presentati, è nato un vero e proprio “cenacolo epistolare”, nel corso del quale discutiamo instancabilmente su diverse problematiche inerenti la ricerca della vita nel cosmo in generale e su Marte in particolare.

Il documento in questione, risalente al 2002, è stato scritto dal prof. Sergey M. Pershin, Capo Ricercatore presso il Laboratorio di Spettroscopia Laser del Dipartimento Fenomeni Ondulatori del Centro Ricerche Ondulatorie dell’Istituto di Fisica Generale A.M. Prokhorov (GPI) dell’Accademia Russa delle Scienze (RAS) di Mosca [nota (2)].

Citando i lavori di diversi gruppi, sia russi che americani, Pershin sottolinea come le misurazioni condotte dall’orbiter della missione Mars Odissey abbiano permesso per la prima volta, attraverso l’analisi dei flussi di neutroni emessi da Marte in svariate bande di energia e spettri di emissione a raggi gamma indotti da reazioni di cattura neutronica, la mappatura della distribuzione globale di idrogeno vicino alla superficie del Pianeta.

Le maggiori concentrazioni risultano in direzione di entrambi i poli a circa 60 gradi di latitudine e sono interpretati come indice della presenza di ghiaccio d’acqua appena sotto la superficie. Concentrazioni molto più basse, rilevate da indagini spettroscopiche infrarosse condotte per via telescopica, sono state osservate alle medie latitudini e all’equatore, dove comunque si ritiene siano presenti minerali idrati (cioè ricchi d’acqua) non meglio identificati.

A questo punto, Pershin pone l’attenzione sulla possibilità che l’analisi spettrale nel visibile e nell’infrarosso vicino su immagini di Marte ottenute al telescopio od inviate dalle sonde spaziali possa rivelare la presenza di bande caratteristiche di assorbimento e fluorescenza di pigmenti organici fotosintetici.

Com’è noto, la FOTOSINTESI è quel processo biochimico, opposto alla respirazione, grazie al quale, sulla Terra, organismi vegetali come cianobatteri, alghe e piante verdi sono in grado di assorbire luce, acqua ed anidride carbonica producendo glucosio per il proprio sostentamento e rilasciando ossigeno nell’ambiente. Questo processo biochimico avviene grazie alla mediazione di un pigmento organico, la CLOROFILLA, ed è per questo detta FOTOSINTESI CLOROFILLIANA.

Di più, cita l’esistenza di valori anomali di albedo (cioè nella quantità, più bassa del previsto, di radiazione solare riflessa dal suolo marziano) scoperti attraverso l’Hubble Space Telescope (HST) in una zona scura nella provincia geologica di Arcadia Planitia (fra 180 e 183 gradi di longitudine Est a 37 gradi di latitudine Nord) alle lunghezze d’onda di 554 e 763 nanometri, tipiche di “macchie superficiali” composte da materiale contenente pigmenti fotosintetici.

Marte ripreso dall'HST il 10 marzo 1997 (fonte: NASA).

Marte ripreso dall’HST il 10 marzo 1997 (fonte: NASA).

La rotazione di Marte registrata dall’Hubble Space Telescope (HST) il 10 marzo 1997, quando il Pianeta Rosso si trovava a circa cento milioni di chilometri dalla Terra (http://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA01250). Nelle tre immagini il Polo Nord è in alto, con la sua tipica calotta polare estiva, visibilmente ridotta e circondata dal “mare” di dune scure di Olympia Planitia, particolarmente riconoscibile in quella centrale. La parte settentrionale del Pianeta è caratterizzata dalla estese pianure che costituiscono Vastitas Borealis, fondale di un antico e profondo oceano. Bianche nubi circondano le vette dei grandi vulcani a scudo della catena dell’altopiano di Tharsis, chiaramente individuabile nell’emisfero destro nella prima immagine, come pure in quelle successive dove, vicino al bordo destro, svetta, al di sopra delle nubi, la cima di Olympus Mons, il vulcano più imponente del Sistema Solare, con i quasi incredibili 27 km di quota della sua vasta caldera. L’ampia regione scura visibile in basso è Syrtis Major Planitia, col suo tipico “golfo” ben riconoscibile nell’immagine di destra, a Sud del quale si apre, nella sua veste invernale coperta di nubi, l’immenso bacino da impatto di Hellas Planitia, ampio fino a 2.300 km. L’immagine centrale è comunque quella che, in questa sede, risulta di maggior interesse: poco sopra la parte centrale svetta un altro vulcano, Elysium Mons, anch’esso evidenziato dalle nubi che vi si addensano e che rendono la zona leggermente più chiara delle aree circostanti; Arcadia Planitia, con la sua anomala zona scura, principale oggetto delle analisi del prof. Pershin, si trova poco più in alto a destra, con la sua caratteristica forma a virgola.

Poiché la fotosintesi richiede la presenza di acqua, l’interesse di Pershin si è concentrato sullo studio delle impronte spettrali marziane in tale zona scura e in una delle bande di assorbimento dell’acqua. Il documento fa riferimento ad alcuni studi che hanno rilevato la presenza di cambiamenti anomali di albedo in “macchie scure” nell’emisfero meridionale di Marte all’inizio della primavera 1998-1999, interpretate come tracce di acqua allo stato liquido con pigmenti biologicamente attivi.

Il che, tradotto in termini più chiaramente comprensibili a tutti, indicherebbe l’esistenza sul Pianeta Rosso di aree più o meno ampie, paragonabili alle paludi siberiane, che, a partire dall’inizio della stagione più calda, grazie al progressivo scioglimento del ghiaccio contenuto nel permafrost che le caratterizza, diventerebbero sufficientemente umide da risvegliare forme latenti di vita vegetale, tingendo di verde la superficie di tali aree.

Pershin aggiunge che la regione scura di Arcadia Planitia è stata studiata utilizzando immagini dell’HST attraverso il metodo dell’assorbimento differenziale e spiega che queste tecniche di sondaggio remoto della stima del contenuto acquoso nelle piante terrestri impiegano l’assorbimento debole nella banda fra 940 e 980 nanometri intorno all’armonica delle vibrazioni di valenza O-H della molecola dell’acqua e che nelle analisi condotte utilizzando il rapporto di riflettività alle lunghezze d’onda di 1053 e 953 nanometri sarebbero stati osservati indici della presenza d’acqua anomali e piuttosto elevati (fino ad 1.2), corrispondenti a quasi il 100% di contenuto d’acqua in foglie terrestri ed interpretato come risultato dell’incremento dell’umidità superficiale o (addirittura) della presenza di un vero e proprio strato d’acqua allo stato liquido nella regione marziana oggetto di queste analisi. Nota infine che, rimarcabilmente, questa impronta è correlata all’indice di colore (R763/R554) anomalo, tipico della clorofilla e dei pigmenti organici fotosintetici, trovato in precedenza nella stessa area.

Indici analoghi della presenza di umidità non sono stati rilevati nelle regioni polari, dove pure erano state rilevate le impronte tipiche della clorofilla. Questo, mi sento di aggiungere, è comunque prevedibile: nelle regioni polari la presenza d’acqua allo stato liquido è per definizione impossibile a causa delle basse temperature, quindi la presenza di clorofilla potrebbe essere legata ad antiche forme vegetali imprigionate nel ghiaccio e quindi non più viventi ma non solo, tenendo comunque conto che le lastre di ghiaccio della banchisa artica ed antartica terrestre ospitano alghe perfettamente adattate a vivere in condizioni ambientali tanto estreme.

Pershin conclude che una ricerca efficiente di pigmenti organici su Marte sarebbe resa possibile dall’analisi della loro fluorescenza indotta dall’uso di una tecnica LIDAR, attraverso l’impiego di un dispositivo sviluppato dal suo gruppo qualche anno prima per essere montato a bordo del Mars Polar Lander. Com’è noto, il LIDAR è un’apparecchiatura di telerilevamento analoga al RADAR, dove tuttavia l’energia emessa non consiste in microonde ma in impulsi LASER nell’ultravioletto, nel visibile o nel vicino infrarosso. In questo caso, l’energia riflessa che torna al dispositivo può essere analizzata nel suo spettro e fornire una miriade di informazioni sulla composizione chimica del bersaglio, nonché su diversi parametri fisici del mezzo atmosferico attraversato, come ad esempio la qualità e quantità di eventuali polveri. Inoltre, eventuali pigmenti organici colpiti dall’impulso del LIDAR presentano a loro volta una fluorescenza tipica, che permette di identificarli con ragionevole accuratezza. In sostanza, il LIDAR avrebbe consentito di verificare la presenza di microorganismi fotosintetici fossili o dormienti nelle rocce e nelle polveri.

Il Mars Polar Lander (fonte: NASA via Wikipedia).

Il Mars Polar Lander (fonte: NASA via Wikipedia).

Purtroppo, la missione Mars Polar Lander (nota in precedenza come Mars Surveyor 1998 Project) fallì: il 3 dicembre 1999 la sonda inviò l’ultima telemetria poco prima del suo ingresso nell’atmosfera marziana, dopodiché non se ne seppe più nulla. Si è ipotizzato [nota (3)] che un errore software abbia provocato lo spegnimento anticipato del motore di discesa, provocando lo schianto della sonda al suolo.

Ad ogni modo, quanto esposto dal prof. Pershin è a dir poco esplosivo e ha praticamente dell’incredibile considerato che, a distanza di dieci anni, praticamente nessuno ne parli e si continui viceversa a speculare goffamente sulla possibilità che su Marte possano esservi od esservi state forme di vita o meno, per non dire che si continui a dubitare della presenza d’acqua e sulla possibilità di poterla trovare allo stato liquido sia pur in maniera non permanente ma almeno stagionale ed, almeno, in alcune regioni.

Viene altresì da chiedersi come mai nessuna missione esplorativa, in questi dieci anni, abbia privilegiato la possibile palude di Arcadia Planitia, dove forse la ricerca della vita su Marte avrebbe potuto, per così dire, andare a “colpo sicuro”.

Mosso da queste considerazioni, ho subito cercato di contattare il prof. Pershin direttamente, per posta elettronica.

Un primo tentativo (del 24/11/2012) è andato a vuoto poiché l’indirizzo e-Mail riportato nel documento in questione non era più attuale.

Un secondo tentativo (del 25/11/2012) è andato parimenti a vuoto poiché anche l’indirizzo e-Mail riportato sul sito del GPI (in seguito corretto su mia segnalazione) non era più attuale.

Un terzo tentativo (del 26/11/2012) è finalmente andato a segno attraverso l’indirizzo del webmaster del sito, cui avevo chiesto gentilmente di inoltrare la mia e-Mail.

Così, due giorni dopo (il 28/11/2012), il prof. Pershin finalmente mi rispondeva mostrando grande disponibilità ed interesse, inviandomi alcuni riferimenti ed il resto della documentazione che allego alla presente.

Letta la quale, non posso che confermare ulteriormente il carattere ESPLOSIVO di quanto documentato, come sintetizzerò più avanti, documento per documento.

La sera stessa gli scrissi nuovamente per complimentarmi per il suo lavoro, ricevendo il giorno successivo i suoi ulteriori ringraziamenti unitamente ad una copia di un articolo che lo riguardava [documento (8)], nonché all’autorizzazione a divulgare a mia volta il suo materiale [documento (9)].

Credo che l’apparente inerzia e disinteresse dimostrato in questi anni su questa ricerca non solo dai mass-media, ma soprattutto dal mondo accademico e di conseguenza dall’opinione pubblica, tenuta di fatto all’oscuro di temi di questo livello, abbia veramente del paradossale.

In questi giorni si parla di un imminente annuncio che la NASA potrebbe dare, proprio all’inizio del dicembre 2012, sulla possibile scoperta di sostanze organiche che la sonda Curiosity potrebbe aver fatto nei terreni del Cratere Gale dove si sta muovendo lungo le pendici del Monte Sharp.

Ma come mai è possibile parlare di simili scoperte quando altre e di ben maggior tenore e portata potrebbero esser state effettuate sullo stesso argomento non meno di dieci anni fa e sostanzialmente taciute in maniera apparentemente incomprensibile?

Forse, davvero, la logica non appartiene a questo mondo… ma c’è sempre modo di rimediare.

Credo che l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), pur con tutte le problematiche della crisi finanziaria globale in atto, dovrebbe farsi portatrice di un progetto esplorativo della presunta “zona umida” nella regione marziana di Arcadia Planitia, coinvolgendo non solo l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ma anche e soprattutto l’Accademia Russa delle Scienze attraverso l’Agenzia Spaziale Russa, nonché la NASA e le altre agenzie spaziali di Paesi come il Canada ed il Giappone che già da tempo hanno dimostrato la capacità di operare in joint venture nelle operazioni della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

Raccomando inoltre che sia posto allo studio un lander con adeguate protezioni dei sistemi di bordo potenzialmente inquinanti (segnatamente, eventuali generatori termoelettrici a radioisotopi) in caso di schianto dello stesso o per l’azione naturale del tempo e degli agenti atmosferici una volta terminato il suo ciclo operativo, al fine di evitare che un ambiente unico, potenzialmente fragile, possa in qualsiasi modo risultarne compromesso.

La missione dovrebbe prevedere lo sbarco per la prima finestra utile all’inizio della primavera marziana o alla fine del periodo invernale, di modo da poter analizzare per intero il periodo di probabile “fioritura” dell’area in questione. Inoltre, per evidenti ragioni di sicurezza biologica, non dovrebbe essere previsto il rientro a terra di eventuali campioni, che andrebbero analizzati esclusivamente sul posto.

In aggiunta a quanto sopra e ad ulteriore supporto e conferma della bontà delle ricerche del prof. Pershin, è opportuno tenere conto di quanto è emerso negli ultimi anni dagli studi del prof. Vittorio Formisano e del suo team nell’ambito della missione esplorativa Mars Express, realizzata e condotta dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Nel 2004, infatti, i dati forniti dalla sonda europea indicarono chiaramente la presenza di metano nell’atmosfera marziana [nota (4)]. Il punto è che di metano, da quelle parti, proprio non ce ne dovrebbe essere, perché non c’è protezione contro gli ultravioletti solari e gli ultravioletti decompongono il metano piuttosto rapidamente. Quindi, se c’è metano e ce n’è al punto da renderlo rilevabile, allora, giocoforza, deve esserci un qualche processo in grado di rigenerarlo costantemente. Attualmente, gli unici processi noti in grado di produrre metano sono il vulcanismo e, tipicamente, l’attività biologica, in particolare i processi di fermentazione batterica. Ma poiché i vulcani marziani paiono esser tutti morti da molto tempo, non sembra esserci molta scelta. Un ulteriore elemento venne pochi mesi dopo dalla scoperta di una sovrapposizione fra le aree che su Marte mostrano presenza di vapore acqueo e quelle che mostrano, contemporaneamente, presenza di metano [nota (5)]. Tutto questo sembra quindi deporre a favore dell’ipotesi dell’esistenza di forme di vita che, almeno in alcune aree e nei periodi climaticamente più favorevoli dell’anno marziano, caratterizzati da una presenza locale di acqua allo stato liquido e da processi di evaporazione in grado di giustificare un incremento di umidità e di vapor d’acqua nell’atmosfera – condizioni necessarie alla vita come noi la conosciamo – potrebbero risvegliarsi dando luogo a fotosintesi da una parte (ovviamente e prevedibilmente con una sia pur limitata produzione di ossigeno) e alla produzione di metano dall’altra.

RIFERIMENTI
• 1. Pershin S., Possibility of relict organic pigment detection on the Mars surface from the Earth, Mars Orbiter or Lander. Proc. of the Europe Geophysical Society XXVI Congress (1998).
• 2. Pershin S., Mars surface: anomal 763/554 color index indicates on presence of organic pigments. Proc. of COSPAR2000, Warsaw, July 2000.

DOCUMENTI ALLEGATI
    (in ordine alfabetico o di citazione)
• [1] file “079_Pershin.pdf”: Microsymposium 36, MS079, 2002 – CORRELATION OF “CHLOROPHYLL” AND WATER INDEX ON MARS SURFACE – S. Pershin – Wave Research Center, General Physics Institute, Russian Academy of Sciences (http://www.planetary.brown.edu/planetary/documents/Micro_36/Abstracts/079_Pershin.pdf).
COMMENTO: contenuto principale di questa relazione.
• [2] file “Color-feature changes.pdf”: Color and Feature Changes at Mars Viking Lander Site – GILBERT V. LEVIN AND PATRICIA ANN STRAAT (Biospherics Incorporated) AND WILLIAM D. BENTON (Jet Propulsion Laboratory) – (Received 16 August 1978).
COMMENTO: sin dal 1978 gli autori evidenziano come cambiamenti di colore e di schemi verdastri rilevati sulle rocce marziane nel sito di atterraggio del Viking 1 a Chryse Planitia nel corso della missione esplorativa iniziata nel 1976 siano compatibili con la presenza di forme di vita simili ai licheni terrestri.
• [3] file “ilrc98LIMS.pdf”: Code: NASA/CP – 1998 – 207671 – PT1, July 1998. – Proc. of 19th International Laser Radar Conference, Annapolis, Maryland, USA, p.241-244, 1998. – Russian compact Lidar for NASA “Mars Surveyor Program 98” – A.V. Bukharin, V.M. Linkin, A.N. Lipatov, A.N. Lyash, V.S. Makarov, S.M. Pershin, A.V. Tiurin – Space Research Institute of Russian Academy of Sciences.
COMMENTO: descrizione tecnica del dispositivo LIDAR allestito dal gruppo di Pershin per la missione di sbarco del Mars Polar Lander.
• [4] file “NASA96letter.pdf”: APR 22 1996 – National Aeronautics and Space Administration – TO: Jet Propulsion Laboratory – Attn: 230-228/Manager, Mars Surveyor 1998 Project – FROM: S/Science Program Director, Office of Space Science Solar System Exploration – SUBJECT: 1998 Mars Surveyor Payload Confirmation Review.
COMMENTO: copia fotostatica della lettera ufficiale, firmata da Jurgen H. Rahe, con cui la NASA conferma al JPL la configurazione definitiva dei dispositivi e degli esperimenti installati a bordo del Mars Polar Lander, incluso il LIDAR del gruppo di Pershin (“the Russian provided atmospheric Lidar”).
• [5] file “Pershi_Pungin_4495-14“: SPIE, 4495 -14 (2001) – Water on Mars: anomaly of a water index (1042/953) on a surface of Mars in Arcadia Planitia (181W37N) – Sergey M. Pershin, Valery G. Pungin.
COMMENTO: dettaglio delle analisi condotte da Pershin e dal suo gruppo sulle immagini HST della presunta “palude” rilevata in Arcadia Planitia, dove si giunge alla conclusione che quanto osservato sia compatibile con la presenza nell’area di “organismi fotoautotrofi con assorbimento anomalo della luce nell’intervallo visibile dello spettro”, che potrebbero essere “cianobatteri fotosintetici come nella Regione Antartica od altri tipi di batteri e microbi”.
• [6] file “Pershin MarsOrganic.pdf”: Mars Surface: Anomaly Ratio of 763/554 Nm Color Index Indicates Presence of Organic Pigments – S. Pershin – Space Research Institute, Russian Academy of Sciences (2000).
COMMENTO: l’articolo spiega come pigmenti organici come la clorofilla producano fluorescenza con una forte componente rossa se illuminati da luce visibile od ultravioletta e come questo fenomeno possa essere impiegato per rilevarne la presenza nei suoli a distanza, senza necessità di atterraggio in situ, sia in forma passiva, sfruttando la luce del sole, sia in forma attiva, sottoponendo i terreni in esame ad impulsi LASER con un dispositivo LIDAR a due bande, con radiazione rossa e verde, e quindi esaminando il rapporto della risposta sulle due bande. In particolare, si nota come la risposta dei suoli marziani a questo tipo di indagine sia simile allo spettro di rocce terrestri contenenti residui di piante fossili in giacimenti risalenti a 255 e 380 milioni di anni fa, il che sarebbe compatibile con l’ipotesi che le pianure marziane settentrionali, un tempo fondali di un vasto oceano oggi scomparso (Vastitas Borealis), conservino i resti fossilizzati delle alghe o dei cianobatteri che probabilmente vivevano in quell’oceano. Per confronto e controllo, praticamente impossibile da effettuarsi sulle rocce terrestri essendo la vita vegetale presente praticamente ovunque sulla Terra, analisi analoghe condotte su rocce lunari non hanno prodotto, prevedibilmente, alcuna risposta similare.
• [7] file “Pershin spectroscopy 2000.pdf“: Spectroscopy in Space: Russian Scientist Reports Evidence of Organic Pigments on Surface of Mars – Barry E. DiGregorio – Middleport, NY – Spectroscopy – Solutions for Material Analysis – September 2000 (Volume 15, Number 9).
COMMENTO: il giornalista e divulgatore scientifico Barry DiGregorio spiega le scoperte di Pershin, autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche e detentore di 10 brevetti. Fra l’altro, racconta come l’interesse di Pershin circa la possibilità che su Marte fossero presenti residui di pigmenti organici nacque da un’annotazione di Carl Sagan risalente al 1972, quando lo scienziato americano notò come una regione marziana (non meglio precisata) presentasse variazioni anomale di albedo.
• [8] file “Russian Scientist Finds Organic Pigments on Mars”: Russian Scientist Finds Organic Pigments on Mars – Barry E. DiGregorio – Middleport, NY – Sept. 26 , 2000.
COMMENTO: un altro articolo in cui Barry DiGregorio spiega le scoperte di Pershin e la loro importanza. In particolare, nota come i pigmenti organici rilevati su Marte sarebbero da riferirsi alla presenza di antichi organismi fotosintetici del periodo Esperiano (fra 3,5 e 1,8 miliardi di anni fa), quando sul Pianeta Rosso erano presenti oceani, laghi e fiumi e si suppone che la vita fosse presente sotto forma di organismi simili ai cianobatteri terrestri, che non solo sono in grado di sopravvivere in climi particolarmente rigidi come i deserti freddi dell’Antartide, ma possiedono clorofilla con cui effettuano fotosintesi e carotenoidi con cui sono in grado di proteggersi dagli effetti letali dei raggi ultravioletti non schermati da un’atmosfera adeguata. I pigmenti che Pershin potrebbe aver trovato su Marte potrebbero essere porfirine, derivate dalla clorofilla, ed opanoidi, derivati dai carotenoidi, entrambi composti trovati sulla Terra in depositi sedimentari di cianobatteri risalenti a 3,5 miliardi di anni fa. Nel caso di Marte, DiGregorio conclude chiedendosi se le sostanze ritrovate siano antiche o recenti.
• [9] file “2012 11 29 Sergey to Fabio.pdf”: e-Mail inviatami dal prof. Pershin il 29/11/2012 in cui mi autorizza ad utilizzare il suo materiale coi riferimenti del caso (“I am agree with yours proposal to use these data with refs to my papers in any way”).

NOTE
• [1] “What a physical theory is not” (http://whataphysicaltheoryisnot.blogspot.it/2012/05/non-ci-sono-alberi-su-marte.html#comment-form) è il blog “scettico” di un certo John Watson (non è chiaro se si tratti di uno pseudonimo o meno) il cui motto è “Tutte le menzogne devono essere combattute”. Il 5 maggio 2012 pubblicava un articolo intitolato “Non ci sono alberi su Marte”, che prende di mira alcune ipotesi dell’ing. Ennio Piccaluga, già autore di “Ossimoro Marte” (Hera Books, Roma, 2006, ISBN 88-89500-01-8), un testo a dir poco esplosivo, sottotitolato “Vita intelligente sul Pianeta Rosso – Le prove” che espone una lunga serie di documentazioni fotografiche che sosterrebbero l’esistenza su Marte di svariati siti archeologici e rovine di strutture di origine artificiale o quanto meno ne indicherebbero la possibilità. Più precisamente, il blogger commenta l’interpretazione di un’immagine (http://apod.nasa.gov/apod/image/1001/almosttrees_mro_big.jpg) inviata dal Mars Reconnaissance Orbiter che mostra ciò che ufficialmente è l’effetto del degassamento di depositi di anidride carbonica nei suoli delle regioni polari di Marte all’inizio della primavera, che in verità hanno tutta l’apparenza di qualcosa di simile a veri e propri alberi. A quell’articolo, l’11 luglio 2012 replicava un lettore, Marco De Marco, il quale segnalava il documento argomento di questa relazione ([allegato (1)]), pubblicato nel sito del Gruppo di Geoscienze Planetarie del Dipartimento di Scienze Geologiche della Brown University di Providence (Rhode Island, U.S.A.).
• [2] General Physics Institute A.M. Prokhorov (STAFF pages)
http://www.gpi.ru/eng/staff_s.php?eng=1&id=884
http://www.gpi.ru/wrc/english/Stuff/Pershin_e.htm.
• [3] Mars Polar Lander (Wikipedia)
http://it.wikipedia.org/wiki/Mars_Polar_Lander.
• [4] 30/03/2004: Mars Express confirms methane in the Martian atmosphere (ESA)
http://www.esa.int/SPECIALS/Mars_Express/SEMZ0B57ESD_0.html.
• [5] 20/09/2004: Water and methane maps overlap on Mars: a new clue? (ESA)
http://www.esa.int/SPECIALS/Mars_Express/SEML131XDYD_0.html.
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Una risposta a 02/12/2012 – C’È CLOROFILLA E VITA VEGETALE SU MARTE?

  1. Giacomo ha detto:

    Sarà banale ma tentano sempre di nascondere la verità. È ormai noto che la NASA tarocca le foto con dettagli inspiegabili. Fortunatamente qualcosa sfugge…

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