20/01/2008 – IL PAPA E LA SAPIENZA

Benedetto XVI – Papa della Chiesa cattolica
(fonte: Wikipedia – info: wikipage – copyright)

Questo articolo apparve per la prima volta sulla rete di COMUNICATI-STAMPA.NET.

Cosa si nasconde nella smodata reazione di una parte del mondo accademico italiano alle tradizionali rivendicazioni etiche delle Chiesa in difesa della Vita e contro il principio di una libera ricerca che non vorrebbe sottomettersi ad alcuna ingerenza né limitazione esterna allo stesso mondo accademico?

di Fabio Siciliano

Quanto è accaduto a Roma con la sollevazione di una parte della Sapienza contro l’invito del Papa alla cerimonia di apertura dell’Anno Accademico è a dir poco scandaloso e profondamente sintomatico di quanto sia provinciale e per nulla matura la realtà politica e sociale del nostro Paese.

In particolare, viene da chiedersi come sia stato possibile un tale putiferio, tutto italiano, se consideriamo, per esempio, il diverso atteggiamento americano nei confronti di quelli che di fatto, negli States, sono indicati senza troppi infingimenti come i loro peggiori nemici giurati.

Il confronto con altre situazioni, anche piuttosto recenti, è del tutto inevitabile.

Prendiamo l’Iran, una terra che George W. Bush continua a definire da lunghissimo tempo, a torto o a ragione, come il vertice negativo dell’empia categoria degli “Stati Canaglia”, sostenitore del terrorismo globale di matrice islamica e regia non troppo occulta di un infido e letale piano di abbattimento dell’Occidente, dei suoi ideali e dei suoi interessi.

Bene.

Se al persiano Mahmud Ahmadinejad, Presidente di quel temibile Paese avversario, è stata offerta l’opportunità di parlare liberamente e in un clima quasi amichevole – e francamente incredibile – di estrema tolleranza e liberalità in un ateneo statunitense, peraltro nemmeno di second’ordine, perché mai, viene lecito chiedersi, è stato di fatto impedito al Santo Padre, con stupefacente veemenza ed ostilità, di parlare in una delle maggiori università italiane?

Sinceramente non risulta che il Vaticano stia cercando di dotarsi di tecnologie in grado di portarlo alla costruzione di armi di sterminio di massa con cui minacciare l’Italia e il Mondo intero, né che il sommo Pontefice si preparasse a chiedere, nel suo discorso, il ritorno alla Santa Inquisizione o addirittura il rogo per i moderni Galilei.

Evidentemente, quanto accaduto dimostra ancora una volta, se mai ve ne fosse stato bisogno, che nel nostro Paese esiste un grave deficit democratico, perché i principi di democrazia, rispetto, civiltà e tolleranza per la libertà e la libera espressione del pensiero altrui non sono cose che possano realizzarsi semplicemente attraverso l’emanazione puramente formale di costituzioni e leggi: devono, innanzitutto, essere valori effettivamente sentiti e condivisi nel più profondo del cuore e della mente di un popolo, altrimenti non funziona.

E cosa ci può mai essere di veramente libero, civile e democratico in un Paese dove recarsi a certe manifestazioni sportive comporta rischi paragonabili al passeggiare di notte nei più infimi bassifondi dei sobborghi di una metropoli del terzo mondo (e se non è proprio così, poco ci manca), per non parlare delle vergognose montagne di rifiuti che, sotto gli occhi dell’intero Pianeta, sommergono colpevolmente ed ingloriosamente una parte di quello stesso Paese, che per giunta pretende di appartenere al club esclusivo di quelli più progrediti a livello mondiale?

Può sembrare una domanda retorica, ma la Natura ci insegna fin troppo bene che la parte visibile di un iceberg indica chiaramente le sue reali dimensioni, comprese quelle nascoste, il che non può che preoccuparci.

E dunque mi chiedo: quale misteriosa molla ha mosso alcuni studenti e professori della Sapienza a scatenarsi contro il Pontefice con tanta avversione, quasi fossero il diavolo di fronte all’acqua santa?

Radio Maria ha ipotizzato la regia del satanismo, ma è assai più ragionevole che, come ha scritto qualcuno, si sia trattato più probabilmente di semplice… cretinismo.

In ogni caso, l’episodio è grave e merita un approfondimento: non si può liquidarlo con una semplice alzata di spalle.

Quando qualcosa si muove, quasi sempre ci sono dietro gli interessi economici più o meno leciti di qualche gruppo di potere.

Non possiamo né dobbiamo farci troppe illusioni, in proposito: il famigerato “business” regola e controlla le nostre vite ed è questo il vero “grande fratello”, il demone che sfrutta questo mondo a vantaggio di quanti vivono in funzione del dio denaro e con ciò facendo tengono noi tutti in pugno o almeno ci provano a tutti i livelli.

E uno dei più grandi “business” del XXI Secolo è e sarà senza dubbio quello della biologia, delle genetica, degli organismi modificati, brevettati ed imposti al mercato alimentare e farmaceutico di questo Pianeta.

È ovvio che chiunque si opponga a tutto ciò, in qualsiasi misura, è e sarà il bersaglio preferenziale di una lotta senza quartiere volta a difendere tali interessi e dunque a spegnere ogni forma di dissenso.

Personalmente ho le mie convinzioni sui grandi temi dell’esistenza e del cosmo, non professo alcuna religione tradizionale ma sono fermamente convinto che l’Uomo, in quanto tale, debba necessariamente nutrire una fede incrollabile in alcuni valori fondamentali, una fede che definirei innanzitutto di natura etica ancor prima che religiosa.

Uno di questi valori è la difesa della VITA INNOCENTE a qualsiasi creatura appartenga e sottolineo il termine “INNOCENTE” perché NON appartengo alla schiera sempre più numerosa di coloro i quali sostengono acriticamente un dubbio “Nessuno tocchi Caino” e si spellano le mani di fronte alla campagna di moratoria universale della pena di morte sostenuta sia dal Papa, sia dal nostro Paese.

Un altro valore fondamentale è il senso di responsabilità, che dovrebbe sempre farci valutare preventivamente le conseguenze delle nostre azioni ancor prima di metterle in atto, quali che esse siano.

Sin da bambino sono cresciuto nella venerazione più autentica ed entusiastica della Scienza e del progresso tecnologico e, benché non avessi ancora quattro anni, non potrò mai dimenticare l’emozione profonda che provai nel vedere l’astronauta Neil Armstrong porre in diretta TV il suo piede sulla Luna.

Cionondimeno, non ho mai perso il senso critico, anche nei confronti di coloro i quali erano e sono sempre stati la mia “squadra” preferita: gli scienziati.

È ovvio, infatti, che come esseri umani non tutti gli scienziati sono uguali agli altri.

Oggi si fa un gran parlare di “libera ricerca”, soprattutto davanti agli sbarramenti etici che, in campo biologico, vengono posti da coloro i quali, il Papa in testa, avvertono la profonda e drammatica responsabilità che l’Uomo si sta assumendo nei confronti della Vita man mano che le sue conoscenze e le sue tecniche progrediscono.

Una responsabilità che si rende sempre più attuale e stringente man mano che il disastro ambientale in cui versa la Terra per mano dell’Uomo diviene sempre più evidente.

Fin dove è lecito ed opportuno spingersi? E cosa è giusto astenersi dal fare, pur avendo la possibilità materiale di farla?

Il nucleo essenziale della disputa sollevatasi alla Sapienza sta in questo.

Gli scienziati, come qualsiasi essere umano, dovrebbero avere ben chiaro in testa che NON TUTTO ciò che è possibile è accettabile e dovrebbero dunque convenire che sia giusto porre limiti ragionevoli al loro operato, limiti il cui scopo è prevenire il male, inteso come insieme razionale e responsabile di pericolo, sofferenza e morte non solo per l’Uomo ma per la Vita in generale, “a qualsiasi creatura appartenga”: la cosiddetta “libera ricerca”, insomma, non può essere assoluta.

Purtroppo, però, sembra che certi “scienziati” stiano alla libera ricerca come i criminali stanno al libero arricchimento.

Guadagnare per sopravvivere e vivere decorosamente è ovviamente lecito, ma quale legislazione ammette disinvoltamente che ciò sia ammissibile senza limitazioni nel metodo?

Sarebbe come legalizzare il furto, la rapina, il traffico di stupefacenti, il sequestro a scopo di estorsione, insomma il crimine.

Ora, cosa direste se qualche scienziato cucisse le palpebre a dei micetti appena nati, condannandoli alla cecità, per studiare come si sviluppa la visione nei mammiferi o se qualcun altro somministrasse un patogeno letale ad un’altra cucciolata di gattini per poi valutare l’efficacia (peraltro fallimentare) del vaccino da lui stesso sviluppato?

Questi non sono esempi ipotetici di orrore straordinario ma solo alcune delle conseguenze reali e quotidiane, che cioè accadono realmente, della sperimentazione animale o vivisezione altrimenti detta, che a sua volta è solo una delle ovvie conseguenze della cosiddetta “libera ricerca”.

Questi “scienziati” saranno pure individui “super-intelligenti” e “super-preparati” ma, con le loro azioni perverse e prive di qualsiasi moralità, si dimostrano comunque “sub-umani”, perché ove non siano dei sadici psicopatici sono evidentemente persone alle quali manca l’hardware per provare quella naturale empatia che dovrebbe impedire loro certe criminali, riprovevoli ed orribili attività.

Perché in sostanza, come scrisse San Paolo nella sua Prima Lettera ai Corinzi, se manchi di carità, allora non sei niente.

E dico questo non solo con orrore per le loro azioni ma anche con pietà per loro stessi.

Queste persone, evidentemente irresponsabili e prive di ogni più elementare forma di umana compassione per i deboli e gli indifesi, andrebbero fermate con leggi severamente adeguate e dunque ben vengano i limiti etici sollevati dal Papa e da coloro i quali, come lui, si pongono certi problemi.

Se la pretesa superiorità dell’Uomo sugli altri animali stesse davvero nel fatto che il nostro Genere dovrebbe essere dominato non dalla Natura e dalle sue leggi spietate ma piuttosto dalla Cultura, allora l’Etica dovrebbe sempre essere l’ago della bussola delle nostre azioni ed il senso di responsabilità al costante governo dei nostri pensieri.

A questo punto è impossibile non aggiungere un’ulteriore considerazione.

La Chiesa difende la Vita, ma nonostante quanto affermato dal Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 337-349 ed in particolare dal Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, si limita di fatto a difendere quella dell’Uomo e non mi risulta che abbia mai preso una chiara, pubblica e decisa posizione di condanna nei confronti della caccia, della vivisezione, delle corride e di altre simili criminose amenità.

Dall’altra parte, gli animalisti sono spesso sostenuti dalle sinistre abortiste: una contraddizione chiaramente deleteria ed insostenibile che non può che danneggiare coloro i quali vorrebbero difendere la Vita nel senso più ampio del termine non limitandosi perciò all’Uomo ma estendendo tale atteggiamento di rispetto ad ogni forma di vita senziente ed in particolare agli altri animali.

In ultima analisi, non solo sostengo pienamente le ragioni del Papa nei confronti di certi settori accademici reazionari e contrari ad ogni regolamentazione, ma auspico anzi la realizzazione di una grande saldatura fra il mondo cattolico e quello animalista.

La mente umana, infatti, non è avvezza a certi distinguo pretestuosi e ricerca da sempre valori universali chiari e semplici da sostenere e a cui aggrapparsi.

Tali valori devono necessariamente essere universalmente applicabili e la difesa della vita tout-court, in questo senso, è certamente un principio più semplice, chiaro, comprensibile a tutti e meno astratto rispetto al più limitato principio della difesa della sola vita umana, un concetto che, proprio a causa del limite che sostiene, è di per sé poco convincente e viziato da evidenti contraddizioni filosofiche che non possono, alla lunga, non sollevare una certa diffidenza e persino pericolose deviazioni relativiste.

Se infatti la Vita è sacra, o se per lo meno è tale quella innocente, che cioè non si sia macchiata a sua volta della distruzione di altra vita innocente, allora non è mai lecito porvi termine, non contro la sua volontà e nemmeno per salvarne un’altra altrettanto innocente, indipendentemente dal fatto che quest’ultima sia umana o meno.

La conseguenza di un tale principio è dirompente, perché ciò renderebbe illecita non solo l’uccisione di animali a scopo alimentare (e chi scrive è difatti un sano e convinto vegetariano da diversi anni) ma anche gli xenotrapianti tanto cari a certi discutibili personaggi, novelli Frankenstein, come il famigerato cardiochirurgo sudafricano Christiaan N. Barnard (1922-2001), che tra il 1977 e il 1978, in quattro diverse occasioni, trapiantò senza successo cuori di babbuino in altrettanti pazienti umani.

Ciò porterebbe ovviamente ad un’altra rivoluzione morale: curare le malattie e combattere l’invecchiamento è ovviamente lecito, a patto di essere disposti ad accettare con dignità e virile realismo la morte naturale, anche quella umana, rifiutando di salvarla “ad ogni costo” quando il prezzo da pagare fosse ad esempio la sofferenza o la morte di altre creature a scopo di sperimentazione di nuovi farmaci o di espianto d’organi a vantaggio di pazienti anche umani.

Quel giorno, finalmente, potremmo essere degni fino in fondo dell’appellativo di Civiltà ed in particolare della visione del grande Leonardo Da Vinci, il quale auspicò un mondo nel quale l’Uomo nutrisse un tale rispetto nei confronti di ogni altra forma di vita, al punto da prevedere leggi in grado di punire i reati commessi da esseri umani contro altri animali con la stessa severità di quelli commessi da esseri umani contro altri esseri umani.

Roma, Università La Sapienza: il Palazzo del Rettorato visto dal lato del Palazzo di Matematica
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